top of page

São Mateus, 13 luglio 2025


ree

Più che essere "sulla" linea di confine, il nostro Centro Reconstruir a Vida costituisce esso stesso un confine. Situato in uno dei "casarões" del Porto, si affaccia sulla piazza in cui per quasi quattro secoli si è svolto il commercio degli schiavi.

Una fragile porta sconnessa - liminare poco più che simbolico - separa un "fuori" estremamente problematico popolato da piccoli spacciatori ed usuari di crack, da un "dentro" molto semplice - con i nostri criteri lo definiremmo povero - ma ricco di attenzione, stimoli culturali, proposte creative, affetto e sensibilità educativa.

Un "dentro" protettivo, ma non avulso né estraniante rispetto ad un contesto molto più complesso ed umanamente ricco di quanto gli abitanti dei quartieri benestanti - i cittadini di classe media - si rappresentano.

È qui che i "moradores de rua" - il popolo della strada - si rifugiano per trascorrere la lunga - e non sempre calda: noi stiamo dormendo con due coperte - notte tropicale. Mentre in altre zone rischierebbero aggressioni crudeli e non di rado mortali, qui nessuno li disturba: qui gli ultimi sono di casa e vengono accettati.

Una barriera invisibile ma molto concreta, fatta di pregiudizi ben radicati, frutto di una storia plurisecolare di sfruttamento violenza segregazione razzismo, divide nettamente le due parti della città: la "alta" coi quartieri buoni, le strade asfaltate, i negozi alla moda, le case confortevoli e la "bassa" con le baracche sprofondate nel fango, che costeggiano il fiume.

ree

Un paesaggio incantevole, immerso nel verde di una vegetazione lussureggiante, dove si può ammirare uno dei più suggestivi "pôr do sol" - tramonti - del mondo, allietato dal canto di decine di varietà di uccelli; ma insieme area di estrema miseria e pesante emarginazione.


Qui vivono gli impoveriti, tutti afrodiscendenti, che portano ancora impresso, dopo 137 anni dall'abolizione - 1888: ultimo paese al mondo - il marchio della schiavitù.


Il nostro Centro fa da cerniera tra i due mondi. Meglio: tra le infinite contraddizioni che caratterizzano la società brasiliana che, in questo senso, è specchio fedele e lente di ingrandimento della realtà planetaria. Sarebbe infatti assolutamente improprio dire che "dentro" c'è il bene che si contrappone al male che predomina "fuori". Lì stazionano - ad ogni ora del giorno e della notte - gli spacciatori, che svolgono il loro traffico alla luce del sole - o della luna. Non fanno più caso a noi. Probabilmente ci hanno accettati come parte della comunità. Per lo più ci salutano cordialmente. L'altro giorno, mentre passavamo, uno di loro, con estrema naturalezza, ha sollevato un tombino - evidentemente suo improbabile nascondiglio - per estrarre e vendere un pacchetto di crack. Ogni tanto la polizia fa una incursione. Ed è allora che esplode la violenza. Le porte vengono sfondate, le case perquisite; qualcuno viene preso, qualcuno scappa, qualcuno rimane ucciso. Per i nostri ragazzi sono scene e situazioni normali.

Del resto questi piccoli spacciatori, questi usuari tossicodipedenti sono i loro fratelli maggiori, cugini, vicini di casa, amici; frequentemente gli stessi padri e non di rado madri. Infatti, per lo più, crescono con le nonne. Sono parte - spesso la principale - delle loro famiglie e del loro mondo. E non una parte esclusivamente malvagia. Fragile, certo, e con pochissime - per non dire nessuna - risorse. Ma questo non vuol dire che non amino e non si interessino dei figli. È, piuttosto, che non sanno cosa e come fare. E sono contenti che i ragazzini vengano al Centro; sono fieri dei loro successi.



ree

I ragazzi e le ragazze, però, vivono con disagio tanto profondo quanto per lo più inconsapevole questo complesso di tensioni e contraddizioni. E lo esprimono manifestando in maniera diretta ed esplicia il loro fortissimo bisogno di affetto e di protezione. Appena arriviamo ci corrono incontro. Più che abbracciarci ci si aggrappano; fanno a gara per accaparrarsi uno sguardo, una carezza, un bacio sui capelli, sul collo o sulla nuca - qui si dice: "dar um cheiro", letteralmente "annusare"; ad indicare vicinanza, un contatto, una prossimità corporea, sensoriale intensa e commovente. La comunicazione è molto fisica: il corpo, i gesti, gli atteggiamenti esprimono emozioni, sentimenti e pensieri molto più direttamente delle parole.


L'incontro con loro rappresenta sempre una sferzata di energia: impetuosa, intensa, positiva, innocentemente selvaggia; ci stimola e coinvolge; ci trasmette ogni volta la consapevolezza del significato della nostra presenza; ci rassicura ed aiuta ad entrare nel giusto stato d'animo per svolgere le complesse attività che il nostro ruolo di "ambasciatori" richiede.


ree

 
 
 

Post recenti

Mostra tutti
São Mateus, 21 luglio 2025

Nelle città brasiliane vi è la chiesa dei neri . La costruivano nei giorni e nelle ore libere dal lavoro. Gli schiavi, infatti, non...

 
 
 

Comments


bottom of page