top of page

São Mateus, 17 settembre 2023

È valsa proprio la pena di alzarsi alle cinque - d'altronde solo un po' più presto del solito: qui la giornata segue il ritmo del sole - per partecipare, domenica, alla messa celebrata da Dom Aldo nella piccola comunità di San Juda (Tadeo) all'estrema periferia: una di quelle a lui più congeniali. Raggiunta con qualche difficoltà la minuscola chiesa già gremita, veniamo accolti con il consueto calore: vengono aggiunte due sedie e possiamo così trovare posto all'interno. Siamo gli ultimi fortunati: tutti quelli che sopraggiungono dopo dovranno seguire da fuori.


Appena Dom Aldo - 92 anni! - prende la parola,  è come se avessimo fatto un balzo indietro nel tempo, tornando a più di vent'anni fa, quando ogni mattina celebrava nella piccola cappella del bispado. "Povo - popolo - santo de Deus" è il suo saluto che, unito al forte carisma della sua presenza, allo sguardo vivido ed attento, alla corrente di tenerezza che promana dalla sua persona e dal suo atteggiamento, crea subito un'atmosfera di grande intimità e profonda spiritualità. "Povo de Deus" è un'endiadi: sta ad indicare che tra il popolo e Dio vi è una strettissima relazione. È Dio - la dimensione spirituale - che fa di un insieme di persone "un popolo", una comunità; ed è questa comunità che, nel suo percorso storico-culturale, nella sua elaborazione spirituale, genera la propria nozione di Dio. "Santo", lungi dal denotare una impossibile (e del tutto impensabile) perfezione, esprime, appunto, questa inscindibile relazione. Il che, tra l'altro, significa che se questa relazione si rompe - o si affievolisce fin quasi a dileguarsi - la nozione stessa di "popolo" perde il proprio significato.

Così, con una sola brevíssima frase, il celebrante ha prodotto il giusto clima, di intensa spiritualità ed, insieme, di concreta aderenza alla realtà. È la dimensione della Scrittura, della Parola che si fa carne. Si avverte subito - quasi ancora prima che il rito abbia inizio -  che non si è qui per un caso fortuito né per una meccanica connessione di eventi.  Siamo giunti in questo concreto spazio fisico, in questo preciso momento, persone diverse per condizione sociale, colore della pelle, età e provenienza, per condividere, realizzare insieme un'esperienza autentica ed intensa; un'immersione nella sapienza della Parola che illumina la Vita e che dalla Vita viene interrogata e rispondendo a questa interrogazione trova (fa) la propria verità.

Così il viaggio in Brasile non è  solo un muoversi nello spazio, e neppure un retrocedere nel tempo; è, sopra tutto, un esplorare profondi - ed insieme estremamente concreti - abissi di senso. Nel tempo, ma mirando a qualcosa che lo trascende; ben radicati nella realtà concreta - storica e quotidiana, con tutte la sue contraddizioni: "pé no chão" (coi piedi ben piantati per terra) - ma animati dall'aspirazione di fare qualcosa di nuovo. Qualcosa che non sia semplicemente la risposta meccanicisticamente determinata ad una serie di stimoli. Ed è esattamente su questo che verte l'omelia. Articolata, lucidissima, condotta a braccio senza un attimo di incertezza, a partire dal brano del vangelo che racconta di un servo che, ottenuto dal padrone il condono per un debito ingentissimo, si accanisce su un suo compagno che gli doveva una piccola cifra, suscitando la giusta ira del signore.

Leggendo questo testo, Dom Aldo si focalizza sul tema del perdono. Tema caro ad un altro nostro grande maestro, don Abramo. Ah, il privilegio - e la responsabilità- di aver avuto simili maestri! Dom Aldo non usa questa espressione, ma ciò di cui parla è la "Giustizia Restaurativa". "Cosa è il perdono che propone il vangelo?" si chiede. Non annotare nel registro dei debiti - che in questo modo comunque si allunga - pur senza chiedere la restituzione, e nemmeno ignorare la colpa o l'offesa. No. Il perdono nel senso evangelico è esercizio attivo, dialogo, relazione. Esercizio di libertà. Non farsi condizionare dall'offesa, torto, violenza subita; rispondere con un atto positivo di volontà. Un atto che rompe (interrompe ed addirittura rovescia) la catena causa-effetto, stimolo-risposta e mette in giuoco la capacità creativa di instaurare una differente relazione. Umana e non meccanica. La Giustizia Restaurativa, appunto, che tende non a punire, ma a cambiare; che non ricorre alla costrizione, ma al dialogo: la parola che illumina la vita e fonda relazioni umane libere, non condizionate, creative.

Il perdono - questa forma autentica di perdono priva di qualsiasi connivenza o paternalismo - è la via per costruire un mondo di persone libere e solidali, accoglienti, capaci di ascolto e di valorizzazione delle differenze. Un mondo aperto alla ricerca, alla invenzione di soluzioni nuove, che richiedono un nuovo, diverso modo di vedere: "a somiglianza" [ Gn 1,26] dello sguardo di Dio.


Francesco

Komentar


bottom of page