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Sondrio, 2 dicembre 2023

Por quê?

I molti perché dei ragazzi più grandi che studiano all’università e anche quelli dei più piccoli del Centro Ricostruire la Vita, più delle altre volte, mi hanno sorpreso quest’anno.

Perché? Por quê?

Qualcosa da cercare: lontano da noi e vicino a noi.

Non possiamo andare a São Mateus, io e Francesco, senza portarvi dentro il nostro viaggio, senza dare una risposta al “por quê”. Fernanda, la nostra amica brasiliana laureata in portoghese, mi ha spiegato che porquê, nella forma interrogativa, si scrive por quê. Nello spazio fra il per e il que si infila nel tempo una possibilità di risposta.

Va verso un altrove, un futuro diverso. Una speranza per i giovani che frequentano e i tanti che in questi vent’anni hanno frequentato il Centro.

Giovani che hanno un volto, un nome e desiderano essere conosciuti. “Perché tante guerre, violenze, massacri, soprusi, non solo in Brasile, ma anche in Europa e nel mondo intero?”. Così i nostri ragazzi più grandi che sembrano aspettarci, per ricevere risposte, indicazioni, trovare punti di riferimento. “Perché – ci dicono – è venuta meno la fiducia nel potere pubblico, nelle istituzioni”.


A cosa guardare per capire? Se lo chiede anche Enrique, che dalla copertina

del calendario sembra infilare lo sguardo nell’anno nuovo che viene.

Meraviglia e fiduciosa sorpresa nel vedere tanti libri (nella sua baracca non

ce n’è), sguardo che rivela tutto il suo impegno a realizzare la speranza, che

per lui vuol dire studiare, trovare un lavoro e dare un aiuto alla sua mamma.

Non studiano filosofia i nostri ragazzi, ma sono esperti di domande. Cercano

il perchè, il por quê.

“Por quê, tia, vocês nos ajudam?” è il piccolo Jan di Ricostruire la Vita a chiedere, alzandosi alla fine del pranzo (doppia razione) e venendoci incontro per salutarci.


L’attesa dei nostri ragazzi ci sembra ogni anno più impaziente e sempre più

ricca di carinho, di affetto. Ci corrono incontro con la forza delle loro aspettative.

La domanda di Jan mi coglie di sorpresa, ma la stretta del suo abbraccio mi porta la risposta: “Perché noi abbiamo bisogno di voi”.

Como na roda da capoeira, è bello entrare nel cerchio, vincere la paura e stringere mani diverse.

Il gemellaggio tra Sondrio e São Mateus, a parceria, la sorellanza come si dice in Brasile è un po’ questo: superare le distanze, rompere le barriere, i pregiudizi, entrare na roda, nel cerchio, conoscersi e giocare la sfida.

Senza saperlo e tantomeno volerlo, il piccolo Jan mi ricorda il disagio dei tanti, troppi muito obrigados, quasi il peso di un debito di riconoscenza.

Mi piace pensare che il nostro gemellaggio parceria non ha un porque, non ha tornaconti, non ha bisogno di ringraziamenti.

Semplicemente è qualcosa di naturale, come aprire le braccia ad un bimbo che corre incontro. Porque il bisogno dell’incontro è reciproco!

Nonostante la miseria e le tante mancanze, i quartieri poveri, bairos e favelas, dove vivono i nostri ragazzi, sono una ricchezza di potenzialità. Bisogna solo riconoscerne il valore, crederci e farle emergere.

“Tia, fecha os olhos”, chiudi gli occhi: invito perentorio che nasconde una sorpresa, sorprese sempre nuove che inventano per noi. Ognuno di loro ha una parte. Si preparano, si vestono, i più grandi si preoccupano che i piccoli non dimentichino (una volta la sorpresa fu una tarantella e un canto in italiano). Sono loro gli attori.

Ogni volta è davvero un’emozione, a noi la responsabilità di saperla comunicare e avere lo sguardo giusto per portarla qui, e raccontare a tutti voi, a tutti coloro che negli anni (ormai 20) hanno accompagnato i loro progetti, creduto in loro e, se pur da lontano e senza conoscerli, se ne sono presi cura.

Bambine e bambini, adolescenti che sono cresciuti. Oggi molti di loro sono laureati, lavorano, hanno famiglia e figli. Esempi positivi, capaci di dare continuità alla speranza. Desideri di vita che meritano di essere raccolti e strappati via dalle mani violente di chi, invece, la vita la vogliono imprigionare.

Anche Vanderlucio ha frequentato il centro Ricostruire la Vita, non si è laureato, ma ha un lavoro sicuro come istruttore di guida. Bravo a suonare, accompagna con la chitarra la bella voce di sua moglie, insieme formano un duetto ormai conosciuto e richiesto nei locali buoni di São Mateus.

Il primo sabato sera decidiamo di andare a cena da Robertinho (c’eravamo dimenticati di fare la spesa), ristorantino popolare non lontano dal bispado che ci ospita. Cerchiamo un angolo appartato, lontano dalla strada, e per cominciare ordiniamo una caipirinha.

“Questa canzone è dedicata a Maria e Francesco di Sondrio, cidade irm⸠città sorella che da tanti anni aiuta i nostri figli a studiare (loro ne hanno 4)”.

Grande emozione. Alla fine, vincendo la timidezza, li raggiungo sul palco, li abbraccio. Mi mettono in mano il microfono... non so cosa ho detto, ma devono aver apprezzato perché tutti hanno battuto le mani. Era il primo sabato a São Mateus e l’applauso di quella sera ci ha seguito per tutto il mese e incoraggiato. E mi piace portarlo qui per tutti noi.



Così come mi piace ricordare Faiane e Luciane, fra le prime laureate, oggi entrambe insegnanti, che l’ultimo sabato prima della nostra partenza sono venute, la sera tardi dopo il lavoro, in bispado, per rassicurarci. “Voltem em paz, partite tranquilli, sapremo incoraggiare chi ne avrà bisogno a non mollare, a non desistere. Ci ricordiamo com’è stato difficile anche per noi il primo anno vincere la timidezza, le insicurezze e varcare la soglia dell’università. Ma state tranquilli: abbiamo capito che ora tocca a noi.”

È ciò che un genitore vorrebbe sentirsi dire dai figli più grandi.

Sostenere questo gemellaggio solidale, parceria e sorellanza, è mantenere viva una corrente di pace, essere operatori di pace.

Ricostruire la Vita, i giovani delle borse di studio a São Mateus e tanti altri progetti di aiuto e condivisione sparsi nel mondo: America Latina, Africa, Bangladesh... sono come punti fermi sulle crestine bianche delle onde del mare, segnali di una corrente vitale che scorre sotto, nel profondo.

Basta guardare. E ascoltare la speranza che ne viene por.que, come dice il nostro amico frei Luciano, in questo tempo senza pace, di triste rassegnazione, nostro compito è “lavorare la speranza”, speranza che il potere vorrebbe toglierci.


È il messaggio che portiamo nelle scuole presentando il calendario.


Maria

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