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São Mateus, 20 settembre 2023


Sempre emozionante ed intenso l'incontro con i giovani delle borse.

Sono venuti in tanti: quelli che hanno iniziato da poco, chi è più avanti, chi sta per concludere. Dietro ad ognuno una storia, a volte terribile, sempre molto complicata.


I problemi dei giovani si intrecciano con quelli dei poveri, dei neri, degli esclusi; delle famiglie lacerate da miseria, violenza, emarginazione, mancanza di dignità, privazione di qualsiasi tipo di strumenti. Da questo terreno così arduo, duro, difficile escono giovani meravigliosi: dolci, sensibili, pieni di vita e di talenti. Si tratta solo di vederli, riconoscerli, dare loro fiducia...


C'era anche un buon gruppo di quelli che si sono laureati e stanno lavorando con grande soddisfazione. Un cerchio grande, di cui noi facciamo parte: due punti di una circonferenza in cui circola una grande, positiva energia. Un piccolo modello di mondo nuovo.

Ognuno interviene, portando la propria testimonianza. Parole di vita concreta: spontanee, sentite; del tutto prive di retorica. "Sonhos"- sogni - e "gratidão" - gratitudine - sono le più ricorrenti.

La prima a parlare è  Anajna, che ci ha adottati come genitori. Era "in fondo a un buco", racconta; in preda all'angoscia, senza prospettive, disperata. Ed ha trovato noi, dice, "che abbiamo attraversato l'oceano per occuparci di lei", facendo quello che i suoi "genitori biologici" non avevano mai fatto. L'abbiamo aiutata ad "uscire dal buco", risalire, riprendere in mano, con fiducia, la propria vita. Soprattutto l'abbiamo ascoltata, capita, incoraggiata, abbracciata. Non si è più sentita sola. Ha ripreso gli studi di giurisprudenza che la appassionano: la sua vocazione che sembrava impossibile per una ragazza nera, povera, di favela. Le manca un anno e mezzo. Piange e sorride. Non riesce a continuare, ma ha detto tutto. 

Come sempre, tutti hanno - abbiamo - ascoltato con grande attenzione e profonda partecipazione. Alle sue parole segue un momento di silenzio: la loro eco si deve depositare nei nostri animi, menti e visceri per aprire il varco ad un'altra voce.


Gli interventi non si sovrappongono mai: si completano, intessono ("tecer" è un termine qui molto usato) un dialogo a più voci. Seguendo un'articolazione che sorge spontanea, si alternano uno studente ed un laureato. Chi ha concluso ripercorre la propria storia, le preoccupazioni, le ansie, le (tante e spesso assai ardue) difficoltà affrontate e superate.


Come Faiane, una delle prime borsiste, nata e cresciuta sulla discarica raccogliendo rifiuti, ora professoressa e madre di una bellissima, intelligentissima ed affettuosissima ragazzina di 12 anni - Eloah, la nostra prima nipotina brasiliana. Faiane è una giovane donna estremamente matura e responsabile. Assume il ruolo di guida. Come gli altri che hanno concluso, porta la propria esperienza ed offre il proprio aiuto. Sa che da soli è difficile e vuole contribuire. " Ho ricevuto tanto, gratuitamente - dice - ed ora tocca a me ricambiare". È l'atteggiamento comune, che sempre ci incanta ("encantar", altro termine qui molto usato).


Cogliamo la suggestione per il nostro intervento: parliamo di "mutirão". È un termine molto pregnante, típico del linguaggio e della pratica delle comunità. Indica un lavoro che si fa insieme, aiutandosi l'un l'altro, in un impegno comune che va a vantaggio di ognuno e dell'intera comunità.

Questo delle borse è un mutirão, diciamo, che coinvolge non solo tutti i presenti ma anche - e soprattutto - le tante persone, semplici, comuni, che contribuiscono, facendo sacrifici e rinunce e che con questo loro sostegno rendono possibile la realizzazione dei sogni che qui vengono, con trepidazione, presentati.

E parliamo di alcune di queste persone: una donna anziana che risparmia tutto l'anno per darci, a Natale, la sua quota; amici che, da giovani, hanno studiato con borse di studio ed ora si identificano con i "nostri" ragazzi di favela.

L'idea di persone che dall'altra parte del mondo, "senza conoscerli" (questo viene ribadito da tanti) si impegnino ed addirittura facciano sacrifici per aiutarli li colpisce molto. Sono ragazze e ragazzi di favela, afrodiscendenti, abituati ad essere emarginati, disprezzati e sfruttati. Che si presti loro attenzione, che si dia valore ai loro sogni, che ci si impegni per aiutarli a realizzarli sembra loro un miracolo. Alcuni dei più "anziani": Luana, Rafael, Monica sono stati a Sondrio 9 anni fa, per il Decennale del Gemellaggio. Hanno girato nelle scuole, incontrato molte persone. Rafforzano le nostre parole, raccontano la propria esperienza. Dicono quello che hanno capito, imparato. Parlano delle attività che si svolgono, delle persone che hanno incontrato. Il cerchio idealmente si allarga, si estende oltre l'oceano, si anima di volti, voci  presenze, lingue e colori differenti. L'incontro si protrae a lungo. All'esterno è da un pezzo calata la notte tropicale. Ci si sente ancora più prossimi: piccolo seme variopinto di un mondo vivo e solidale.


Francesco

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